Pietro Penna (Pinna) Notaio 

                Il Monastero di Santa Greca, sino al 1355 detto anche di san Giorgio, aveva dei possedimenti nelle zone accanto alla curatoria di Decimo, nei salti di San Giorgio in Zippeddu (Sa Forada de Sant’Iroxi), San Venesio accanto a Uta verso il mare e ad Oliri (Arili) in Trexenta. Escludendo San Venesio, gli altri possedimenti erano nella curatoria di Gippi e Trexenta  amministrate dai Pisani.

            Molto curiosa è la storia che riguarda i due possedimenti, quello di Gippi Jossu con l’episodio di Fuliato de Serra e quello di Oliri[1] (Arili, Aulis?) in Trexenta.

Il monastero deteneva i possedimenti dalla donazione perpetua fatta da Azzone, padre di Costantino che le riconfermerà nel 1089 ai Benedettini i quali si sarebbero attenuti alla promessa della costruzione dei relativi monasteri.

            Il possedimento di Arili (Oliri) nel 1325 corse il pericolo di essere infeudato a certo  Pietro Penna (Pinna). L’infante Alfonso con carta data a Daroca il 2 Luglio gli concesse la villa secondo il costume d’Italia (Mors Italie) col pagamento del censo di un bacile d’argento dorato (“unum ciphum argenti deauratum“) da corrispondere ogni anno a Capodanno. La donazione prevedeva delle condizioni alternative. Nel caso la Villa fosse stata già assegnata o se la sua rendita annua superasse le 50 libbre in moneta di Genova, l’Infante gli avrebbe concesso la villa di Ortacesus, sempre tenendo conto del reddito annuo che non avrebbe dovuto superare le predette 50 monete in valuta genovese. Ancora, nel caso le due ville fossero state gia concesse gli avrebbe assegnato mille soldi genovini annui sopra i redditi di qualsiasi altra villa del regno di Sardegna. Questo compito venne affidato agli amministratori generali dei redditi , Pere Alibi e Arnau de Caça che avrebbero dovuto individuare la villa o le ville da concederli in feudo secondo il costume d’Italia con le riserve del mero imperio, del laudemio, della fatica di 30 giorni e del diritto di appello da parte cdegli abitanti.

            Entrambe le ville non risultarono disponibili; quella di Arili, sulla quale il monastero di   San   Giorgio o   Santa Greca di Decimo[2] vantava   dei  diritti e                 perché infeudata a Francesco II Carroz, sia quella di Ortacesus perché già amministrata dal cavaliere Diego Zapata. Per questi motivi l’infante Alfonso rinunciò al censo del Penna, consistente come detto  nel bacile di argento dorato che avrebbe dovuto corrispondere ogni anno. Poiché il notaio (Penna) nel corso dell’anno non era riuscito a entrare in possesso di tutti i mille soldi della rendita promessagli, l’Infante ordinò agli amministratori generali dei redditi; de Alibi e Caça di esigere il censo di un solo fiorino    d’oro annuo, dovuto per un orto e altri beni da lui tenuti in enfiteusi, che gli venivano confermati anche nel caso il loro reddito avesse superato 32 libbre e 10 soldi annui.

            Pietro Penna (Pinna) notaio di Ugone II d’Arborea e suo ambasciatore presso la corte d’ Aragona. Fu l’unico personaggio non Ispanico coinvolto nella infeudazione della Trexenta. Sin dai primi tempi della conquista ottenne vari benefici dall’infante Alfonso. Nel 1328 fece parte della delegazione che accompagnò a Barcellona il domicello Pietro, per essere armato cavaliere di  Alfonso IV in occasione della sua incoronazione. In quella occasione pare avesse sconsigliato il domicello Pietro di sottomettersi all’autorità del sovrano d’Aragona  suscitandone le ire, che lanciò contro questi gravissime accuse. Tuttavia si riuscì a ricucire lo strappo e il Penna continuò le sue missioni in Spagna sino al 1331.Nel 1332 risultava passato dalla parte dei Doria all’epoca acerrimi nemici degli Arborea.

________________________________________

[1] Il toponimo Oliri ancora vivo in Trexenta, accanto a Guasila a sud-sud/ovest a circa 4,5 Km, accanto alla chiesa              di San Pietro di Oliri, non lontano dal nuraghe omonimo, quindi al confine della curatoria di Nuraminis. Nel 1432 fu             venduta a Bernart Rolf con la riserva del mero imperio al prezzo di 40 libbre e col censo annuo di 10 soldi. La Villa             in quel periodo risultava spopolata. Bruno ANATRA, Giuseppe PUGGIONI, Sommario di statistiche storiche sulla             Sardegna preunitaria. 2. La Trexenta, Cagliari 1993, pp. 21-22; Antonio LEONI, Sa Storia Nosta. Samatzai : Storia             di un’antica comunità, Edizioni Nuove Grafiche Puddu, Ortacesus, 2006 p.136

[2] Maria Grazia MELONI, Ordini religiosi e politica regia, pp.848-849: